Bernard-Henri Lévy

Contributi al dibattito politico e culturale

"Fermate il dibattito sull'identità nazionale"

I firmatari della petizione scrivono che il dibattito sull’identità nazionale è “fattore di odio e di disunione”. Perché questa accusa?

Bernard-Henri Lévy: Sono le stesse osservazioni che fanno coloro che partecipano a queste riunioni. Unanimemente, o quasi, essi dicono a SOS Racisme che questi dibattiti vanno male, che volgono per il peggio. Ci avevano annunciato un dibattito sereno. Mentre, di fatto, siamo dinanzi ad un discorso che dovrebbe essere stigmatizzo e che invece viene d’improvviso legittimato.

La verità è, anche, che in quei dibattiti si respirano gli effetti di un clima generale. Quando un ministro dell’Interno [Brice Hortefeux, ndr] si abbandona ad una battuta razzista nel corso dell’università estiva dell’UMP e solo in pochi, tra gli astanti, reagiscono, quando una campagna per le presidenziali fa ricorso ad una esplicita strategia di recupero dei voti e di una parte dei temi del Fronte nazionale, quando questi temi vengono banalizzati, allora non bisogna più stupirsi se le cose prendono la piega che stanno prendendo. Il clima è sempre più propizio a ciò che SOS Racisme denuncia nella sua petizione.

Perché fermare il dibattito proprio ora e non subito, all’inizio?

Per quanto mi riguarda, ho sempre ritenuto assurdo questo dibattito, del tutto idiota. Ma non volevo gridare al lupo. Mi dicevo che forse occorreva aspettare e che forse ero io ad avere una visione troppo allarmistica. Oggi, ahimè, i miei timori trovano conferma. E stiamo pagando il conto per quella follia che è stata la creazione di un ministero dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale. Ciò che sta succedendo è la logica conseguenza della fondazione di quel ministero, di come lo si è chiamato e di talune misure che esso ha adottato

Ecco il perché del nostro appello al presidente della Repubblica. Lui è il solo che possa arrestare tale pagliacciata. Ha sufficienti pragmatismo ed onestà politica per dire “stop” quando bisogna dire “stop”. Quando diviene evidente che un dibattito che avrebbe dovuto rafforzare il legame comunitario non fa che lacerarlo, spetta al presidente della Repubblica fare marcia indietro.

Non bisogna parlare di identità nazionale?

Si parli di ciò che si vuole. Ma sostenere che le persone abbiano, in questo paese, un problema con l’identità francese è una stupidaggine. Esse sanno ciò che significa essere francesi. Lo sanno molto bene. Ed una maggiore consapevolezza atterrebbe più all’asservimento che non alla liberazione. Perché le identità collettive devono essere leggere e non oppressive. Non devono rinchiudere i soggetti in soffocanti camicie di forza, bensì aiutarli, al contrario, a respirare.

E poi questo dibattito sta occultando la questione cruciale: quella dell’identità europea.

Intervista raccolta da Laure Equy, Libération, 21.12.2009
(traduzione di Daniele Sensi)