Bernard-Henri Lévy

Contributi al dibattito politico e culturale

Era une bella idea, ma...

É sempre bene, ovviamente, far sì che la memoria morta si faccia memoria viva, che essa animi la coscienza dei vivi.

È sempre cosa buona, è una vittoria filosofica e morale, che si permetta ai morti di essere nominati, individualizzati, personificati.

È sempre cosa egregia strapparli alla fatalità dell’aggregato, del grande numero, della cifra, e di fornirsi dei mezzi per onorarne il lutto uno a uno, singolarmente, non in blocco.

Al limite, provando ad immaginare le intenzioni di coloro che hanno concepito questo progetto di affidare ad ogni scolaro di CM2 (quinta classe elementare, ndt) la custodia della memoria di una delle piccole vittime della Shoah, sono pronto a sentire in esse come una lontana eco del soffio che, quarant’anni fa, faceva scandire il famoso "siamo tutti ebrei tedeschi" – divenuto nella circostanza, e tanto meglio, "siamo tutti ebrei francesi sterminati dai nazisti".

Ma alla fine trovo che ci sia nella levata di scudi che ha accolto questo annuncio; nella fioritura spontanea delle anime buone che s’improvvisano psichiatri infantili per stimare, senza un sincero pensiero per il martirio reale dei bambini di ieri, lo smarrimento che si rischia di imporre ai bambini in buona forma di oggi; in questo modo di dire che Sarkozy ha aperto il vaso di Pandora di un antisemitismo che già si era provveduto a giustificare e di ritenere legittimo che qualunque "comunità" possa prendere a pretesto il gesto presidenziale per reclamare la sua fetta di torta memoriale - trovo che ci sia, in tutto questo, qualche cosa di fetido che fa rivoltare lo stomaco.

Tuttavia, nello stesso tempo...

Perché l’idea fosse veramente bella, la si sarebbe dovuta accompagnare a qualche semplice condizione.

Si sarebbe dovuto consultare, innanzitutto , la Fondazione per la memoria della Shoah (e la sua presidentessa d’onore Simone Veil).

Si sarebbero dovuti coinvolgere i maestri che sono , fino a nuovo ordine, in prima linea nella battaglia (Nicolas Sarkozy, se l’avesse fatto, avrebbe appreso che ci sono un sacco di classi in cui già si patrocina un piccolo essere - peccato che si tratti di un albero, di una tartaruga, di una specie animale in via di estinzione...).

Ci si sarebbe dovuti rendere conto che sono 11 000 i morti da onorare e molti, molti di più, gli studenti che accedono ogni anno in CM2 – come si gestirà , allora, il tutto? chi attribuirà chi a chi? chi avrà il suo doppione e chi non lo avrà? l’idea di un patrocinio uno per uno, la volontà di confrontare ogni anima di un vivo al viso di un piccolo morto, non è, perciò, sintomatico di una falsa buona idea, di una idea affrettata , che non regge? e la vera buona iniziativa, quella a cui si sarebbe presto arrivati approfondendo la riflessione, non sarebbe stata quella di operare, certo, le adozioni – ma classe per classe?

Si sarebbe dovuto riflettere sul come un nome non voglia dire nulla, sul come non sia che un assemblaggio di sillabe e di suoni, se non inserito in un contesto, inscritto in una storia e accompagnato da un discorso che spieghi ciò che è l’ideologia che ha ucciso e perché il massacro che essa operò non è comparabile a nessun altro - questa unicità della Shoah, facciamo fatica addirittura noi, noi adulti, a pensarla; essa è, per gli storici, l’inconcepibile stesso; come potrebbero vederci più chiaro dei bambini? attraverso quale miracolo, ignorando tutto della Storia, potrebbero penetrare questo mistero? e l’istituzione di questo sistema di patrocinio non dovrebbe aspettare, almeno, che gli alunni arrivino ad affrontare la parte del programma inerente al nazismo?

Sarebbe servito sapere, ancora, che la memoria senza i suoi strumenti, i nomi senza il loro contesto, tutti quei piccoli visi, fluttuanti nell’etere dell’ignoranza, sono un universo spettrale, dalle tinte spiritiche , necessariamente e profondamente morboso, sordamente religioso, ma religioso nel peggiore dei sensi , perché è il morto che si impossessa del vivo e non l’inverso – come presso i mormoni, come nelle sette.

Per farla breve, non raffazzonare, non improvvisare, non dare la sensazione di una mossa politica, non annegare l’idea in una serie di raccomandazioni quali quelle presentate, l’indomani, a Périgueux, attinenti , esse, alla semplificazione dei programmi della scuola primaria, alla restaurazione dell'autorità, alla reintroduzione de "La Marsigliese" e della bandiera nelle classi , non dare a pensare, come nell’affare Môquet, che la Storia sia un self-service presso cui andare a fare provvista di emblemi e di simboli, ecco ciò che si attendeva da un presidente che fosse intervenuto in quel campo ad alta tensione che è quello della memoria.

Che la dimora della memoria sia in pericolo, è sicuro.

Che si debbano trovare i mezzi per perpetuarla dopo che i testimoni se ne saranno andati, è evidente.

Che appartenga alla generazione del presidente aprire le vie del dovere di trasmissione predicato da Primo Levi, chi può negarlo?

Ma non questo.

Non così.

Non questa improvvisazione.

Questa leggerezza.

Questo modo di lasciar credere che vi possa essere una risposta tecnica alla più complessa delle questioni.

Non questo pasticcio.

Bernard-Henri Lévy, Le Point, 21.02.2008
(traduzione: Daniele Sensi)