C’è un libro che ha detto tutto.
Un vecchio libro, quasi un classico, ma che, bizzarramente, pochi si preoccupano di ricordare.
Questo libro, apparso nel 1957, si intitola "I due corpi del re".
Il suo autore - uno storico ebreo tedesco, medievalista, emigrato negli Stati Uniti alla fine degli anni 30 - si chiama Ernst Kantorowicz.
E se avessi un solo consiglio da dare a Nicolas Sarkozy e a quanti, attorno a lui, si curano della sua immagine e dell’immagine che, soprattutto, egli dà del suo incarico, questo sarebbe di interrompere ogni attività per gettarsi su questo grande testo, questo capolavoro allo tesso tempo di storia del Medioevo e della scienza politica contemporanea.
Perché qual è, appunto, la tesi di Kantorowizc?
Riassunta a grandi linee, essa consiste nel dire che un sovrano, quale che sia, non ha un corpo bensì due.
O, più esattamente, che un uomo, nel preciso momento in cui accede al potere supremo, vede il proprio corpo, il proprio essere, scindersi letteralmente in due.
Da un lato un corpo ordinario - Kantorowicz dice profano- che assomiglia a tutti i corpi, che nutre i loro stessi desideri, i loro stessi impeti, le loro stesse passioni.
Dall’altro un corpo sacro, slegato dal maneggio degli altri corpi, tanto impassibile quanto l’altro è appassionato, tanto muto quanto l’altro è loquace e capriccioso – un corpo, se non mistico, almeno misterioso, immateriale, invisibile, di cui è detto a volte aver per membri i suoi soggetti , altre di essere della stessa stoffa dell’istituzione a lui più grande e che lui incarna.
E ciò che dunque conclude questa teoria o, piuttosto, ciò che essa suggerisce, è che la questione del potere, del suo esercizio, del suo prestigio, è sempre una questione di dosaggio: tra il corpo volgare e quello etereo, tra il corpo perituro e quello sublime che si confonde con lo Stato e ne assicura la perpetuità le proporzioni possono variare, ma che ci debba essere proporzione, coesistenza e proporzione, è un principio, questo, non negoziabile.
Visto attraverso questa lente , il caso Sarkozy è semplice.
Troppo del corpo profano, non abbastanza di quello sacro.
Un corpo profano che si prende tutto lo spazio, che inghiottisce il corpo sacro.
Troppo di carne, se si vuole, troppo di quella prima carne, quella delle passioni e del godimento ordinari – ed un’eclissi inedita, mai vista sotto nessun regime, di quell’altro corpo che non gode, che non è soggetto alla passione e che, per questo, impone distanza e rispetto.
Osservo il presidente.
Lo osservo, contrariamente ad altri suoi avversari, con un po’ di simpatia.
Il problema non è la sua "vita privata" – François Mitterand ne aveva una ostentata, alla fine, in misura analoga. (...)
Non è nemmeno questione di essere troppo presente, troppo in presa diretta con la politica di ogni giorno – non è per questo, dopo tutto, e per le qualità di energia che sono supposte procedere insieme , che il suo elettorato lo ha scelto?
No. Il problema, quello vero, quello che l’opinione pubblica avverte in modo confuso e che non gli perdona, è di aver gettato a mare l’altro corpo, quello sacro, quello che, secondo Kantorowicx, pensano e mettono in scena Dante e Shakespeare nel "Riccardo II", così come i dottrinari moderni del principe e della sua grazia; il problema, il vero problema, quello che mina la sua popolarità e che, domani, ostacolerà la sua azione, è che quest’uomo per altri versi così attento, troppo attento, alle famose "radici cristiane" della Francia, diviene all’improvviso del tutto cieco a quella parte di eredità cristiana che costituisce, lei , stavolta, l’invalicabile limite di una laicità piena e completa; lo si sentiva, quest’altro corpo, presso i Chirac, i Mitterand, i de Gaulle; se ne intuiva, malgrado le loro eventuali volgarità, la presenza diffusa, la nostalgia; presso il loro giovane successore, non si avverte più nulla – ed è questo ad essere tragico.
Allora, forse, il tutto obbedisce, nel suo spirito, ad una strategia chiara e cosciente.
Forse Sarkozy pensa di imporre così una nuova figura di sovrano che, ancora una volta, rompa con le consuetudini.
E forse crede persino di strappare , così facendo, un distacco di vantaggio ai commentatori che tanto disprezza e che si impantanano nel passato (...).
Ma se così stanno le cose, Sarkozy si sbaglia.
Perché il passato è passato.
C’è un passato di cui si fa tabula rasa ed un altro con il quale non si scherza.
La teoria di Kantorowicz non è un’ipotesi ma un teorema – e ad un teorema non ci sono, per definizione, eccezioni.
Bernard-Henri Lévy, Le Point, 6.03.2008
(traduzione: Daniele Sensi)
lunedì 10 marzo 2008
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Commenti sul post
1 commenti:
Daniele, azzarderei, 2 altre variabile culturali che spiegherebbero molto, a mio avviso,questa forma articolata di "antipatia" dei francesi verso il loro Monsieur le President:
1-Quella sorta di stramba spiritualità di questo originalissimo presidente (che a me sta simpatico)che sfocia in una discutibile, quanto anacronistica conversione al cattolicesimo del sovrano.A me pare che i francesi, percepiscono ciò con una certa allergia, alla stregua di un'inedita forma di gallicanesimo.
2-L'unione bizarra con "l'italiana", neanche questa, a mio avviso, ha riscosso consensi. Allora qui, ti chiedo:
Sarà forse anche questo un retaggio culturale che richiama quell'odio verso quella che fu "la sovrana fiorentina"?
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